Leonora Armellini
Pianista
"La musica è un’arte che ti definisce, SONO una pianista."
Leonora, raccontaci come è stato il tuo percorso di studi? Da dove nasce la tua passione per la musica e per il pianoforte?
Sono nata in una famiglia di musicisti. Mia mamma suona il pianoforte, è insegnante e concertista. Mio papà suona il fagotto ed è direttore del conservatorio Pollini di Padova. Fin da piccoli sia io che mio fratello gemello, che è diventato violoncellista, siamo cresciuti in mezzo alle loro lezioni, prove e concerti. Noi giocavamo intorno all’orchestra, agli strumenti e crescevamo ascoltando musica.
È stata una naturale conseguenza dell’ambiente in cui vivevamo a portare me e mio fratello a suonare. Mio fratello, come me, ha iniziato con il pianoforte, visto che gli strumenti ad arco in famiglia nostra non li vedevamo mai. Poi ad un concerto di un violoncellista ha avuto l’illuminazione, mentre io ho continuato con il pianoforte perché è stato sempre il mio grande amore.
All’inizio i miei genitori non volevano mandarmi al conservatorio di musica perché non volevano fosse un’imposizione. Mi lasciavano libera di suonare ciò che mi piaceva in libertà. Un giorno in vacanza ad Asiago c’era un corso di pianoforte con una insegnante con la quale anche mia mamma aveva studiato dopo il diploma. In quell’occasione, dopo la lezione, ho letteralmente buttato fuori la persona che stava al pianoforte e mi sono messa a suonare. L’insegnante sentendomi ha chiesto a mia mamma se stavo studiando al conservatorio, in quel momento mamma ha realizzato fosse giunto il momento. Ho iniziato con quell’insegnante un percorso di 12 anni di studio.
La musica ti ha portato a fare più di 500 concerti in tutto il mondo, cosa hai provato, quali sono state le tue emozioni, visto che hai iniziato molto giovane?
Ho sempre avuto l’abitudine di viaggiare per motivi personali sia in Italia che in alcune città europee, perché sono curiosa e amo scoprire nuovi posti. Il primo viaggio lungo per lavoro che ho fatto è stato in India, nel 2008. All’inizio è stato uno shock, ma poi dalla mia parte avevo tutta la famiglia che mi accompagnava, mia mamma, mio papa, mio fratello. Avere la mia famiglia accanto mi ha fatto sentire a casa. Ricordo che, nonostante all’arrivo fossi stata male, il giro per la città fatto il giorno dopo mi aveva lasciato a bocca aperta. Tutto era diverso dalle nostre città, è stata una sensazione stupenda.
Poi sono stata in America, in Asia, in Africa, ma ho sempre viaggiato con qualcuno, con la mamma o con il fidanzato.
Il primo vero shock è stato il viaggio in Corea, non perché fossi da sola (da diverso tempo viaggio in Europa da sola), ma per la lunghezza del tragitto non condiviso con qualcuno. Lo stare da soli è sempre un tasto dolente della professione del musicista, è un grande ossimoro suonare davanti a duemila persone che ti ascoltano, applaudono e ti vogliono bene e poi nella realtà ritrovarsi sola che viaggi con la tua valigetta e che aspetti le coincidenze e affronti ritardi di aerei anche per 32 ore consecutive.
Il fatto di viaggiare mi piace moltissimo, ecco se potessi toglierei l’attesa degli aerei, i ritardi, i cambi di mezzi, ma è comunque una grande fortuna poter lavorare lontano da casa.
Come ci si sente ad essere impegnate in un settore artistico come quello della musica, a differenza di tuoi coetanei che hanno lavori più classici.
Attualmente non ho amici non musicisti, non per chiusura, ma è una questione di frequentazione di ambienti legati alla musica. Quei pochi amici non musicisti che ho sono amici di cuore, perché non essendoci una passione verso la musica a legarci, ne abbiamo trovate altre come le esperienze forti della nostra vita.
Il periodo più complicato con i non musicisti è stato durante gli anni di studio perché ero più timida, facevo fatica ad ambientarmi nella classe e soprattutto perché la musica è sempre stata una parte troppo grande della mia vita, che se non compresa precludeva qualsiasi rapporto.
È stato difficile farsi accettare, la percezione era quella delle assenze da scuola per divertimento e uno studio minore rispetto agli altri, ma al contrario la mia assenza voleva dire concerti o per un concorsi per che mi erano costati mesi di lavoro. Con gli insegnanti è stato anche più complicato, pur avendo trovato qualcuno che ha compreso la mia passione e l’ha supportata e che ringrazierò a vita.
La musica è un’arte che ti definisce, SONO una pianista. Se una persona non è aperta a capirlo o sminuisce la cosa, è come se sminuisse la mia persona.
Quali strumenti ti ha offerto la musica in più nella vita, rispetto agli altri.
Il fare musica mi ha insegnato tantissimo, oltre che dal punto di vista artistico e musicale, mi ha dato tanto personalmente. Ti dà disciplina, ti costringe a migliorarti sempre, nel quotidiano ti obbliga a non essere mai uguale. Oggi sono così tra un anno sarò diversa, tesa al miglioramento. È la forma mentis del musicista che suona tutti I giorni, che si deve migliorare.
Poi sicuramente la pazienza e l’autocontrollo. La musica è una vita di emozioni forti, una vita che bisogna imparare a gestire, anche se nel concreto non ci riuscirò mai completamente. Gestire l’ansia da palcoscenico, per esempio, non è semplice, ci provi e pian piano, dopo anni, trovi un equilibrio, ma il delirio negli istanti prima dell’esibizione è insuperabile.
La musica mi ha, poi, aiutato ad avere anche una comprensione maggiore delle altre persone e insegnato ad essere più comprensiva con me stessa. Cresci con l’angoscia di non dare mai abbastanza, di dover portare il tuo impegno sempre ad un livello superiore, senza perderti in lusinghe o auto-appagamenti. Ho imparato che, invece, è importante concedersi qualcosa, dirsi “brava” quando lo si è state o prendersi una pausa quando è giunto il momento.
Abbiamo visto che hai ricevuto diversi riconoscimenti tra i quali, nel 2013, il Galileo 2000 Pentagramma d’oro” per il “grande coraggio e talento musicale”. Come ti sei sentita e cosa significa questo riconoscimento?
Il riconoscimento per il grande coraggio mi ha toccata molto, si pensa poco al coraggio quando si parla di musicisti. Il fatto di essere musicista ti porta sopportare tante difficoltà, lo studio, il viaggiare da soli, suonare davanti a migliaia di persone, con un carattere come il mio molto riservato. La menzione al coraggio mi ha fatto riflettere su quanto mi sono in questi anni messa in gioco per amore del mio lavoro e della mia passione, è stato emozionante.
Prima che musicista sei una donna. Come riesci a conciliare vita privata e vita professionale? Quali sono i tuoi segreti?
È davvero il problema più complicato. Ho avuto una relazione di quattro anni e sono riuscita a conciliare bene vita professionale e personale perché la persona era molto speciale e anch’esso musicista. Comprendeva cosa vuol dire lavorare in questo ambiente, essere impegnati per ore e giorni nello studio, non avere tempo per tutto il resto, avere dei periodi lunghi in cui non ci si vede a causa dei viaggi all’estero.
Ora che non sono fidanzata, ho più tempo per il mio privato e mi gestisco meglio.
Per noi è difficile avere una agenda con i giorni della settimana stabiliti, molto spesso si lavora al fine settimana, alla sera, nei periodi di vacanza. Potete capire bene che con un non musicista è un gran problema, anche se ritengo che quando ci si vuol bene il tempo e le occasioni per il privato si trovano sempre.
Il mondo della musica classica è per molti anni stato grande appannaggio maschile, hai avvertito o avverti resistenza del settore al tuo essere donna?
Fortunatamente il mondo della musica ha superato l’atteggiamento avverso, io non ho mai percepito trattamenti diversi nel mio essere donna. Nell’ambito della musica classica già dal 1800 ci sono state molte donne protagoniste, come la pianista tedesca Clara Schumann, moglie del compositore Robert Schumann, che ha fatto una carriera strepitosa diventando una delle pianiste più importanti nell’era romantica.
Noi veniamo viste anche per il nostro aspetto fisico. Se siamo belle o no, se ci vestiamo bene o no, cosa alla quale un uomo non è sottoposto. Quando leggo le critiche ad un musicista, non viene mai menzionato il modo di vestire o di essere pettinato, ma esclusivamente la sua bravura, mentre di noi donne si fanno commenti sugli abiti, le accongiature e la forma fisica. Cose, insomma, che nulla hanno a che fare con le capacità e la bravura.
Purtroppo sono mentalità troppo radicate da combattere.
In ogni caso, il lato positivo della musica è che le differenze uomo-donna sono belle da vedere, rappresentano stili diversi e arricchiscono l’arte.
Sogni, progetti e idee per il tuo futuro?
Un sogno realizzato nel 2014 è stato il libro “Mozart era un figo, Bach ancor di più”, scritto e pensato a quattro mani con Matteo Rampin, psichiatra, musicista, prestigiatore e scrittore. La sua idea era quella di scrivere un libro divulgativo sulla musica in toni diversi, senza parlare della musica dal punto di vista tecnico, musicologico o impegnativo.
A capitoli dove si parla delle basi della musica, si alternano capitoli dove è raccontato il privato dei compositori.
Il lavoro di scrittura lo ha fatto lui, io ho contribuito con i contenuti.
La volontà era parlare della musica ai giovani e Matteo ha ritenuto di farlo con una musicista giovane come me.
Il libro è ormai alla terza edizione ed è stato tradotto anche in spagnolo.
Ora come ora il mi sogno più grande è quello di riuscire a vivere di questo, perché non è così scontato pensare di vivere solo della musica.
Di che cosa pensi abbiano bisogno le giovani donne nel mondo del lavoro oggi?
Come ho già espresso prima, noi donne abbiamo bisogno di essere giudicate per le nostre capacità professionali, senza che l’aspetto fisico diventi una discriminante. Altro bisogno fondamentale è di rendere più conciliabili carriera e vita privata. Per una donna musicista si dice sia impensabile avere una famiglia e dei figli perché è una vita sempre in movimento e sotto stress. Molte di loro abbandonano l’una o l’altra, io credo che ci debba essere la possibilità di scegliere entrambe.
Quale consiglio daresti a una donna, che come te, volesse seguire un suo sogno professionale?
Da una parte, considerando che la donna è più emotiva e sensibile, il consiglio è di essere forte, di essere sempre “tutta d’un pezzo”, di non abbandonarsi a emozioni negative, di pensare a se stessa e di mettere tutto l’impegno per raggiungere i propri obiettivi.
Dall’altra parte dedicare del tempo a se stesse, volersi bene, non trascurarsi. Noi donne dobbiamo venire prima di tanto lavoro e impegno.
In pillole
Nome: Leonora Armellini
Attività: Pianista professionista
Pianista professionista, si è diplomata al conservatorio con il massimo dei voti a soli 12 anni. Il suo percorso è proseguito, poi, con ulteriori percorsi di studio, oltre 500 concerti in tutto il mondo e numerosi premi vinti.
leonoraarmellini.com
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